http://ciaosilvia.forumfree.it/?t=52063540
[QUOTE=fan000,12/11/2010, 12:53 ?t=52063540&st=0#entry426234457]
Vajont, 47 anni dopo il disastro la diga tornerà a produrre energia: è polemica
(IMG:http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs1129.snc4/149123_450380432381_71253357381_5973111_4544360_n.jpg)
<i>Accordo preliminare per sfruttare il torrente a valle della digama esiste la questione morale delle duemila vittime</i>
<b>BELLUNO</b> (11 novembre) - Il Vajont tornerà a produrre energia. Quarantasette anni dopo il disastro del 9 ottobre 1963, si sta decidendo di sfruttare ancora il torrente che sgorga a valle della diga bypassando la gigantesca frana finita nell’invaso. Ma esiste un problema morale da superare, di rispetto della memoria di quasi duemila vite spezzate.
<i>
La diga del Vajont tornerà a produrre energia. E' giusto o è irrispettoso dei duemila morti del 1963?</i>.
L'accordo, seppure preliminare, c'è già. E coinvolge la società En&En, la ditta zoldano-friulana Martini e Franchi con i Comuni di Longarone, Castellavazzo ed Erto e Casso.
La Regione Friuli-Venezia Giulia ha già concesso alle due società private l’autorizzazione allo sfruttamento delle acque. Non ci sarebbe bisogno del consenso delle amministrazioni comunali, ma il gigantesco problema morale lo impone. E non solo morale, visto che le giunte dei tre Comuni hanno già deliberato di essere pronte a una partecipazione, attraverso Bim Gestione servizi pubblici, la società che gestisce il Servizio idrico integrato, ma non prima di avere sentito che cosa ne pensano gli abitanti nati prima di quel terribile 9 ottobre 1963.
Un’eventuale società mista porterebbe nelle casse dei Comuni il 60 per cento degli introiti di un potenziale da 15 milioni di kilowattora l’anno. A produrli sarebbe una centralina a Ponte Campelli, frazione di Castellavazzo a valle della diga. «Questo impianto - sottolinea Franco Roccon, sindaco di Castellavazzo nonché presidente di Gsp - non interferisce nel bacino del Vajont, né reca turbative di carattere ambientale, in quanto l'acqua utilizzata viene subito scaricata a valle. La centralina è di scarso impatto ambientale. Insomma, l'iniziativa rispetta in pieno le decisioni delle amministrazioni comunali di un tempo e, soprattutto, della popolazione locale».
Il progetto sarà portato avanti a Gsp per una valutazione delle criticità. La questione è ovviamente delicatissima e va al di là della semplice costruzione di un impianto che, peraltro, non potrà non notarsi, visto che il necessario salto dell'acqua si potrà scorgere esattamente davanti alla diga, a quell’imponente muraglia grigia, simbolo di morte e distruzione.
«Al momento siamo solo alla fase preliminare e prima di procedere con ulteriori atti - commenta il sindaco di Longarone, Roberto Padrin - stiamo cercando di trovare una soluzione che possa essere condivisa da tutti. Se da un lato l'impianto può portare notevoli benefici anche dal punto di vista economico alle popolazioni e ai Comuni, dall'altro dobbiamo tenere ben presente la questione morale. Non è nostra intenzione urtare la sensibilità di chi è sopravvissuto all'immane tragedia del 9 ottobre 1963. La valutazione è davvero molto complessa ed è necessario un confronto con tutti i soggetti interessati a questa vicenda». Luciano Pezzin, sindaco di Erto Casso, è ugualmente prudente nell’affermare che il percorso dovrà essere il più possibile ragionato con le popolazioni, dato che i tempi di realizzazione vanno ben oltre il mandato.
Venerdì 19 a Longarone è già previsto un primo confronto con tutti i superstiti della sciagura e con i due gruppi che portano avanti ormai da anni il valore della memoria: l'Associazione Superstiti, presieduta dall'ingegnere Renato Migotti, e il Comitato Sopravvissuti, guidato da Micaela Coletti. Il primo sottolinea la sacralità del Vajont e auspica un intervento solo pubblico; la seconda chiama in causa i parlamentari, ricordando che «Longarone ha già ricevuto tanti soldi dai risarcimenti e che per soldi tutto portò alla tragedia». Solo in futuro, invece, sarà coinvolto con un apposito incontro il resto della cittadinanza.
www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=126354&sez=NORDEST
[/QUOTE]
[QUOTE=fabio.yyyy,12/11/2010, 14:07 ?t=52063540&st=0#entry426245175]
Il fatto è che all'epoca fu gravissimo mettere in funzione un invaso del genere, perchè ai tecnici era ben noto il gravissimo pericolo costituito dal versante instabile (anche se forse non avevano del tutto chiara la portata che il disastro avrebbe assunto).
Adesso (e anche dal giorno dopo la catastrofe) il pericolo, paradossalmente, non c'è più, perchè quel che poteva franare... è già franato.
<i>Particolare interessante: uno dei geologi che avevano messo in evidenza il pericolo con una relazione poi "secretata" dalla SADE-ENEL e venuta fuori in seguito, era Edoardo Semenza, figlio dell'ingegnere capo della stessa SADE!!! Comunque i danneggiati, o i loro eredi, sono ancora in attesa del risarcimento definitivo...</i>
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[QUOTE=fan000,12/11/2010, 12:53 ?t=52063540&st=0#entry426234457]
Vajont, 47 anni dopo il disastro la diga tornerà a produrre energia: è polemica
(IMG:http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/hs1129.snc4/149123_450380432381_71253357381_5973111_4544360_n.jpg)
<i>Accordo preliminare per sfruttare il torrente a valle della digama esiste la questione morale delle duemila vittime</i>
<b>BELLUNO</b> (11 novembre) - Il Vajont tornerà a produrre energia. Quarantasette anni dopo il disastro del 9 ottobre 1963, si sta decidendo di sfruttare ancora il torrente che sgorga a valle della diga bypassando la gigantesca frana finita nell’invaso. Ma esiste un problema morale da superare, di rispetto della memoria di quasi duemila vite spezzate.
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La diga del Vajont tornerà a produrre energia. E' giusto o è irrispettoso dei duemila morti del 1963?</i>.
L'accordo, seppure preliminare, c'è già. E coinvolge la società En&En, la ditta zoldano-friulana Martini e Franchi con i Comuni di Longarone, Castellavazzo ed Erto e Casso.
La Regione Friuli-Venezia Giulia ha già concesso alle due società private l’autorizzazione allo sfruttamento delle acque. Non ci sarebbe bisogno del consenso delle amministrazioni comunali, ma il gigantesco problema morale lo impone. E non solo morale, visto che le giunte dei tre Comuni hanno già deliberato di essere pronte a una partecipazione, attraverso Bim Gestione servizi pubblici, la società che gestisce il Servizio idrico integrato, ma non prima di avere sentito che cosa ne pensano gli abitanti nati prima di quel terribile 9 ottobre 1963.
Un’eventuale società mista porterebbe nelle casse dei Comuni il 60 per cento degli introiti di un potenziale da 15 milioni di kilowattora l’anno. A produrli sarebbe una centralina a Ponte Campelli, frazione di Castellavazzo a valle della diga. «Questo impianto - sottolinea Franco Roccon, sindaco di Castellavazzo nonché presidente di Gsp - non interferisce nel bacino del Vajont, né reca turbative di carattere ambientale, in quanto l'acqua utilizzata viene subito scaricata a valle. La centralina è di scarso impatto ambientale. Insomma, l'iniziativa rispetta in pieno le decisioni delle amministrazioni comunali di un tempo e, soprattutto, della popolazione locale».
Il progetto sarà portato avanti a Gsp per una valutazione delle criticità. La questione è ovviamente delicatissima e va al di là della semplice costruzione di un impianto che, peraltro, non potrà non notarsi, visto che il necessario salto dell'acqua si potrà scorgere esattamente davanti alla diga, a quell’imponente muraglia grigia, simbolo di morte e distruzione.
«Al momento siamo solo alla fase preliminare e prima di procedere con ulteriori atti - commenta il sindaco di Longarone, Roberto Padrin - stiamo cercando di trovare una soluzione che possa essere condivisa da tutti. Se da un lato l'impianto può portare notevoli benefici anche dal punto di vista economico alle popolazioni e ai Comuni, dall'altro dobbiamo tenere ben presente la questione morale. Non è nostra intenzione urtare la sensibilità di chi è sopravvissuto all'immane tragedia del 9 ottobre 1963. La valutazione è davvero molto complessa ed è necessario un confronto con tutti i soggetti interessati a questa vicenda». Luciano Pezzin, sindaco di Erto Casso, è ugualmente prudente nell’affermare che il percorso dovrà essere il più possibile ragionato con le popolazioni, dato che i tempi di realizzazione vanno ben oltre il mandato.
Venerdì 19 a Longarone è già previsto un primo confronto con tutti i superstiti della sciagura e con i due gruppi che portano avanti ormai da anni il valore della memoria: l'Associazione Superstiti, presieduta dall'ingegnere Renato Migotti, e il Comitato Sopravvissuti, guidato da Micaela Coletti. Il primo sottolinea la sacralità del Vajont e auspica un intervento solo pubblico; la seconda chiama in causa i parlamentari, ricordando che «Longarone ha già ricevuto tanti soldi dai risarcimenti e che per soldi tutto portò alla tragedia». Solo in futuro, invece, sarà coinvolto con un apposito incontro il resto della cittadinanza.
www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=126354&sez=NORDEST
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[QUOTE=fabio.yyyy,12/11/2010, 14:07 ?t=52063540&st=0#entry426245175]
Il fatto è che all'epoca fu gravissimo mettere in funzione un invaso del genere, perchè ai tecnici era ben noto il gravissimo pericolo costituito dal versante instabile (anche se forse non avevano del tutto chiara la portata che il disastro avrebbe assunto).
Adesso (e anche dal giorno dopo la catastrofe) il pericolo, paradossalmente, non c'è più, perchè quel che poteva franare... è già franato.
<i>Particolare interessante: uno dei geologi che avevano messo in evidenza il pericolo con una relazione poi "secretata" dalla SADE-ENEL e venuta fuori in seguito, era Edoardo Semenza, figlio dell'ingegnere capo della stessa SADE!!! Comunque i danneggiati, o i loro eredi, sono ancora in attesa del risarcimento definitivo...</i>
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