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    Report su ville premier ad Antigua.

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    Mya


    Messaggi : 29
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    Report su ville premier ad Antigua. Empty Report su ville premier ad Antigua.

    Messaggio  Mya Lun Ott 18, 2010 10:26 am

    [QUOTE=CiaoSilvia,17/10/2010, 21:37]
    <i>Report su ville premier ad Antigua
    Va in onda con replica di Ghedini</i>


    "Report" stasera, domenica 17 ottobre, manda il servizio sulle ville di Berlusconi ad Antigua, e lo farà con la conduttrice Milena Gabanelli che legge una replica di Niccolò Ghedini. Il quale prima ha attaccato il programma dicendo che sarebbe stato grave se la Rai mandava in onda il servizio, poi è arrivato l'accordo. La nota del parlamentare Pdl e legale del premier recita: «Come risulta dagli atti il Presidente Berlusconi ha regolarmente acquistato un terreno in Antigua pagandolo con regolare bonifico e indicandolo nella denuncia dei redditi» e difatti «L`immobile è attualmente e regolarmente intestato al Presidente Berlusconi e non già a fantomatiche società offshore e non vi è nessuna indagine né in merito ai trasferimenti di denaro e né in merito all`immobile». Il contraddittorio ci sarà, dunque. Sarà forse interessante come precedente: prossimamente pensate che ascolteremo forse risposte al Tg1 di Minzolini?

    La cronaca dell'attacco a Report
    Dopo Santoro, ora la censura di Stato punta su Report, il programma su Rai3 di Milena Gabanelli, moltissime volte premiato come il più per programma italiano di inchieste giornalistiche. Su un quotidiano nazionale, che fa riferimento a un servizio che andrà staserà in onda a 'Report', si fa riferimento a Silvio Berlusconi come uno dei principali sponsor «della scatola offshore» che riguarderebbe operazioni immobiliari ad Antigua.

    In particolare- scrive il quotidiano - dal bilancio 2005 della società 'Flat point' emergerebbe che banca Arner, alla quale sarebbe legato il premier, ha finanziato per 6 milioni di dollari caraibici una operazione sulla costa di Antigua di Nonsuch Bay. Dai conti personali di Berlusconi accesi presso Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena «sono partiti ingenti bonifici verso un conto di Flat Point aperto proprio presso la sede milanese di Banca Arner la quale a sua volta ha girato gli stessi corrispettivi alla sede di Lugano».

    «Un mare di soldi - prosegue il quotidiano - che si muovono però senza una corrispondenza tra le somme scritte nei contratti ufficiali depositati dalla 'Flat Point' in banca ed i bonifici». «Nel bilancio della Flat Point i 29 acri di terreno su cui sorge lo sviluppo immobiliare sono stati iscritti per un valore di 2,7 milioni di dollari caraibici (poco più di 700 mila euro)». «Molto meno di quanto versato dai conti del premier» perché - scrive ancora il quotidiano, «Berlusconi da solo muove oltre 20 milioni di euro e dai registri risulta aver acquistato solo 4 acri di terreno».

    Ghedini il censore: «Grave se la Rai lo trasmette»
    L'avvertimento arriva subito da Niccolò Ghedini, deputato Pdl e legale del presidente del Consiglio, che in una nota punta il dito contro «un programma con notizie insussistenti e diffamatorie e senza alcun contraddittorio». Sarebbe davvero «grave» se la Rai mandasse in onda questa sera la puntata di Report in cui si ricostruisce l'acquisto da parte del premier Silvio Berlusconi di una serie di immobili nell'isola caraibica di Antigua. «Gli articoli apparsi quest`oggi su alcuni quotidiani e che trarrebbero origine dal programma Report, che dovrebbe andare in onda questa sera su Rai Tre - osserva Ghedini - sono totalmente fuorvianti e palesemente diffamatori poiché si basano su assunti già dimostratisi insussistenti. Infatti la vicenda è già stata ampiamente trattata dai giornali alcuni mesi or sono e tutte le delucidazioni e i documenti pertinenti erano stati ampiamente offerti ma negli articoli non se ne tiene minimamente conto».

    Vita e Giulietti: No allo stop. Inchieste solo su Fini?
    Secca la risposta dell'opposizione: «A che titolo l'avvocato Ghedini chiede la censura preventiva contro Report?». Se lo chiedono in una nota il senatore del Pd Vincenzo Vita e il deputato del gruppo Misto Giuseppe Giulietti, portavoce Articolo21. «Ci auguriamo - proseguono - che a nessuno venga in mente di tappare la bocca ad una giornalista seria autorevole e libera come Milena Gabanelli anche perché sarebbe singolare che le inchieste si possano fare solo sul presidente Fini».

    Franceschini: è intimidazione
    Per il presidente dei deputati del Pd quella di Ghedini è «una intimidazione arrogante e vergognosa e insieme un altro attacco alla libertà di informazione».

    Bonelli dei Verdi: in piazza se fermano Report
    Secondo il presidente dei Verdi Angelo Bonelli «siamo in presenza di un vero e proprio tentativo di golpe moderno: oggi i golpe non su fanno con i carri armati ma chiudendo le televisione. Dopo Santoro oggi tocca alla Gabanelli e domani cosa succederà? Se questa sera Report non dovesse andare in onda non resterebbe che scendere in piazza».
    [/QUOTE]

    [QUOTE=TullioConforti,17/10/2010, 22:03]
    massi basta costi programmi diffamatori, od almeno facessero come contrappeso vede un programma su come sono state fatte le privatizzizioni in Italia, chi ci ha guadagnato e cosa ne e' rimasto allo Stato italiano.
    [/QUOTE]

    [QUOTE=francesc00,17/10/2010, 22:21]
    [QUOTE=TullioConforti,17/10/2010, 22:03]
    massi basta costi programmi diffamatori, od almeno facessero come contrappeso vede un programma su come sono state fatte le privatizzizioni in Italia, chi ci ha guadagnato e cosa ne e' rimasto allo Stato italiano.
    [/QUOTE]
    Benissimo, iniziamo da quì però..

    www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=7055&C=I
    [/QUOTE]

    [QUOTE=CiaoSilvia,17/10/2010, 22:25]
    [QUOTE=TullioConforti,17/10/2010, 22:03]
    massi basta costi programmi diffamatori,
    [/QUOTE]
    diffamatore prima di averlo visto?
    vedere e far sapere gli intrecci finanziari nei paradisi fiscali, è informazione, non diffamazione :hh:



    od almeno facessero come contrappeso vede un programma su come sono state fatte le privatizzizioni in Italia, chi ci ha guadagnato e cosa ne e' rimasto allo Stato italiano.
    Report ha fatto anche quello :pk:
    [/QUOTE]

    [QUOTE=francesc00,17/10/2010, 22:29]
    [QUOTE=CiaoSilvia,17/10/2010, 22:25]
    Report ha fatto anche quello :pk:
    [/QUOTE]
    Eccolo quì

    www.youtube.com/watch?v=sEPBKdbhl5Y
    [/QUOTE]

    [QUOTE=TullioConforti,18/10/2010, 01:30]
    ahahah, ma fate ridere i polli cosi, Prodi che e' stato presidente dell'IRI per quasi dieci anni ed e' uno dei maggiori responsabili delle svendite di Stato non e' nemmeno nominato.

    Questa e' perfetta disinformazione di regime, oltre al danno anche l'inchiappettata finale, report: mavaffanbicchiere...

    www.nwo.it/disastri.html

    Rivendicare con insolenza e orgoglio la propria storia professionale e, in particolare, la responsabilità delle disastrose privatizzazioni che hanno impoverito il Paese negli anni Novanta, dimostra quanto abbiamo già avuto modo di scrivere su Romano Prodi: è un uomo abile e fortunato. Calca la scena politica italiana da quasi trent’anni, si propone alla Seconda - e magari alla Terza - Repubblica, quando è figlio prediletto della degenerazione della Prima. Deve questa straordinaria resistenza, oltre alla buona stella che lo assiste, anche alla tenacia fuori dal comune, alla determinazione e alle ambizioni senza pari, oltre che un gran tempismo e soprattutto un discreto opportunismo. Il suo cursus honorum è costellato di incarichi prestigiosi assolti mediocremente: pessima la sua prima gestione del carrozzone Iri, disastrosa (seppur breve) la seconda, come inquilino di Palazzo Chigi è stato cacciato dalla stessa parte politica che là lo aveva mandato, da presidente della Commissione Ue si è attirato critiche unanimi della stampa internazionale... Eppure - sarà per quell’aria apparentemente inoffensiva e bonaria, da curato di campagna, che spinge i suoi avversari a sottovalutarlo (Massimo Giannini ha recentemente ironizzato: «I suoi artigli grondano bontà») - è sempre riuscito a risorgere dai propri fallimenti. Meglio: è riuscito spesso a far passare l’idea che venisse “epurato” per la propria ostinazione a difendere gli interessi generali invece che quelli dei soliti noti, proprio lui che ha sempre flirtato coi poteri forti e con le aree politiche legate a questi ultimi. Così, da ogni flop ha preso nuovo slancio, potendo contare sulle amicizie giuste, su un “ombrello” di potentati che l’hanno protetto, essendone lui fedele reggicoda. All’inizio fu la compatta falange della sinistra Dc, che poi risulterà non a caso l’unica componente dell’ex Balena Bianca a salvare le penne nella bufera giudiziaria di Tangentopoli. Poi, subito dopo, certi poteri italiani legati agli ambienti cattolici (Nanni Bazoli) e laici (Carlo De Benedetti ma anche Gianni Agnelli) del centrosinistra, con i conseguenti addentellati nel mondo dei mass media (garanzia di un appoggio propagandistico davvero indispensabile per un personaggio sostanzialmente inascoltabile come è lui). Infine, l'ombra lunga di Goldman Sachs.
    È, questo, un capitolo piuttosto oscuro della nostra storia. Attraverso le privatizzazioni furono smantellati settori trainanti dell'economia italiana: quello agro-alimentare già dell’Iri (acquisito da gruppi inglesi, olandesi ed americani), il Nuovo Pignone dell’Eni, la siderurgia di Stato, l’Italtel, l’Imi. Sono state inoltre privatizzate Telecom (con le conseguenze che purtroppo stiamo osservando proprio in questi giorni) e in parte anche Enel ed Eni, già enti di Stato che potrebbero presto finire nelle mani delle solite multinazionali estere. Iniziatore e protagonista - pure reo confesso - di questo processo fu Prodi, prima come presidente dell’Iri, specie durante il suo secondo mandato (1993-94), poi come presidente del Consiglio (1996-99).
    Ovviamente, una operazione così complessa non nasce né viene portata avanti da un uomo solo, perlopiù impacciato come è il professore bolognese. Serve un forte gruppo di potere. Ve ne sono alcuni, internazionali, particolarmente potenti: Bilderberg, Rothschild, Goldman Sachs... Prendiamo allora quest’ultimo, una cosiddetta merchant bank (banca d’affari) già presente al famoso summit del Britannia, dove si decise lo smantellamento dello Stato-imprenditore italiano; ha poi ricoperto un ruolo essenziale nel processo di privatizzazione delle partecipazioni statali, favorendo l’intervento delle grandi multinazionali sue clienti privilegiate e potendo contare per questo sull’amicizia di importanti uomini di potere nostrani, come Mario Draghi, che è stato fino all’altro ieri vicepresidente Goldman per l'Europa, e poi proprio il Romano Prodi, a più riprese consulente di livello della banca e per questo assai ben remunerato (3,1 miliardi di lire di compensi, come scrissero il Daily Telegraph e l'Economist).
    Draghi, oltre che direttore generale del Tesoro tra il '96 e il 2003, presiedette nel '93 il Comitato per le privatizzazioni; nello stesso periodo Goldman Sachs, tramite il fondo Whitehall, acquisì nel 2000 l'ingente patrimonio immobiliare dell'Eni di San Donato Milanese, oltre agli immobili della Fondazione Carialo e, assieme alla Morgan Stanley, quelli della Unim, Ras e Toro. Prodi era presidente dell’Iri quando decise la privatizzazione della Credito Italiano proprio tramite la Goldman Sachs, che fissò il valore delle azioni a 2.075 lire, meno di quello di Borsa (che era a quota 2.230). Ma dobbiamo all’attuale premier anche la perdita di molti dei marchi storici del nostro comparto agroalimentare, ovviamente finiti (male) in mano straniera. Prodi concluse la cessione dell'Italgel (900 miliardi di fatturato) alla Nestlé per 703, così come l’assai discussa vendita della Cirio-Bertolli-De Rica (fatturato 110 miliardi, valutata 1.350), ad una fantomatica finanziaria lucana (Fisvi) al prezzo di 310 miliardi, che ne garantì il pagamento con la futura alienazione di parte del gruppo stesso alla multinazionale Unilever (ne abbiamo già parlato ieri a proposito del caso Sme).
    Il marchio di Goldman Sachs ritorna prepotentemente alla ribalta ora, perché “suo” uomo è il sottosegretario all’Economia Massimo Tononi, che ha lasciato Londra dopo aver finanziato la campagna elettore del Professore con 100 mila euro, per occuparsi della presenza del Tesoro in società, come Eni ed Enel, oggetto del desiderio della merchant bank. Così come uomo Goldman è quel Claudio Costamagna, giovane banchiere dalla carriera folgorante, consulente di Rupert Murdoch nell’affare Telecom, il cui nome era circolato come possibile nuovo presidente della Cassa depositi e prestiti che avrebbe dovuto rilevare la rete fissa della nostra maggiore compagnia compagnia telefonica, in base al piano elaborato (artigianalmente? Vien davvero da dubitarne) dal fidato braccio destro di Prodi, il dimissionato Angelo Rovati. Tononi e Costamagna hanno lavorato per anni nello stesso team della Goldman Sachs, ça va sans dire. Insomma, l’intreccio è perlomeno curioso, nonché appassionante.
    Ma proseguiamo e, per non sembrare cultori di spy story, buttiamoci nella concretezza dei numeri. Quello della Sme a De Benedetti non è l’unica cessione sballata che Prodi avrebbe voluto effettuare, a prezzi poi rivelatisi impropri. Pare essere proprio un vizietto del professore, sempre così generoso coi poteri che contano (passateci la malizia). Pensiamo alla Stet, ricca e potente finanziaria delle telecomunicazioni, che controllava Sip, ma anche Italtel e Sirti: nell’ottobre 1988 Iri vendette a Stet il 26% del pacchetto azionario Italtel per 440 miliardi, quando in base a un piano elaborato due anni prima da Prodi e Fiat ne avrebbe ricavati solo 210. O ancora, alla vicenda del Banco di Santo Spirito, acquistata dalla Cassa di risparmio di Roma diretta dal demitiano Pellegrino Capaldo: il progetto iniziale - appoggiato dall’attuale premier - prevedeva introiti per l’Iri tra i 350 e i 500 miliardi, mentre quello finale, profondamente trasformato, toccò quota 794 miliardi. Abbiamo già accennato alle cifre improprie della privatizzazione Credit, durante il “Prodi II” all’Iri. E forse varrebbe anche la pena di rievocare altre storiacce, come quella della sciagurata gestione del buco Finsider o dei fondi neri Italstat.
    Ma vorremmo chiudere invece con l’episodio della vendita Alfa Romeo alla Fiat. Prodi, allora presidente Iri cui apparteneva il marchio del Biscione attraverso Finmeccanica, in tempi recenti ha sostenuto: «Volevo vendere l’Alfa alla Ford, fecero di tutto per impedirmelo e ci riuscirono». È stato subito smentito da Fabiano Fabiani, ex ad di Finmeccanica e all’epoca dei fatti a capo della delegazione che trattava per conto dell’azionista pubblico la cessione della casa automobilistica di Arese: «Non ho percepito un’opposizione di Prodi all’acquisizione dell’Alfa Romeo da parte della Fiat». Le cose andarono così. L’Alfa perdeva centinaia di miliardi l’anno eppure la Ford, probabilmente ritenendo che si potesse usare un nome di grande tradizione e una casa con clienti affezionatissimi per sbarcare in Europa, avanzò un’offerta assai generosa: ben 3.300 miliardi (secondo alcune fonti 4.000) per acquisire gradualmente il pieno controllo entro otto anni, piano di investimento di 4.000 miliardi per il quadriennio successivo all’acquisto, ottime garanzie per coloro che risultavano impiegati nel carrozzone. L’offerta venne formalizzata il 30 settembre del 1986 e restava valida fino al 7 novembre dello stesso anno. Tutti d’accordo? Non proprio. Prodi informò subito Cesare Romiti: nulla di male, poteva essere un tentativo per ottenere un rilancio Fiat, che puntualmente arrivò il 24 ottobre. Ma era assai deludente: prevedeva un prezzo di acquisto di 1.050 miliardi, in cinque rate senza interessi, prima rata nel 1993 (alla fine Fiat sborsò in realtà tra i 300 e i 400 miliardi), poi 4.000 miliardi di investimenti entro il 1995 e molti posti di lavoro da tagliare per recuperare competitività. Bene : il 6 novembre l’Iri di Prodi cedette l’Alfa alla famiglia Agnelli, quella che dieci anni più tardi, con Mortadella al governo, sarebbe stata tenuta artificialmente a galla con gli ecoincentivi per l’auto.
    «Per me in particolare sarebbe come sconfessare parte della mia storia professionale, visto che da presidente dell'Iri in quegli anni ho avviato uno dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa»: Prodi ha voluto ripetere nove volte questa frase, giovedì in Parlamento. Ma siamo davvero sicuri che sia un passato del quale menar vanto?
    2 - fine

    Il Professore ha svenduto il patrimonio del Paese (facendo felici i poteri forti)
    [/QUOTE]

    [QUOTE=panigale,18/10/2010, 08:14]
    Bravo TUllio, non se ne puo' piu' di questo antiberlusconismo, come se i mali dell'Italia fossero da attribuire a lui? e' Satana in terra? :ciao:
    [/QUOTE]

    [QUOTE=alabriola,18/10/2010, 08:59]
    [QUOTE=francesc00,17/10/2010, 22:29]

    Eccolo quì

    www.youtube.com/watch?v=sEPBKdbhl5Y
    [/QUOTE]
    Così si vede meglio :pk:

    (FILE:http://www.youtube-nocookie.com/v/sEPBKdbhl5Y?fs=1&hl=it_IT&color1=0x5d1719&color2=0xcd311b)
    [/QUOTE]

    [QUOTE=alabriola,18/10/2010, 09:15]
    <b>Ghedini non ferma Report.</b>
    <i><b>In onda lo scandalo Aci e le ville off shore di B.</b></i>

    <div style="float: left; margin-right: 10px">(IMG:http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/themes/ilfatto/thumb/295x0/wp-content/uploads/2010/10/report_interna.jpg)</div><b>Niccolò Ghedin</b>i non ferma Report. Questo pomeriggio il parlamentare Pdl, nonché avvocato del premier <b>Silvio Berlusconi</b>, aveva annunciato querele e chiesto che lo stop della puntata. “Gli articoli apparsi quest’oggi su alcuni quotidiani e che trarrebbero origine dal programma Report, che dovrebbe andare in onda questa sera su Rai Tre, sono totalmente fuorvianti e palesemente diffamatori poiché‚ si basano su assunti già dimostratisi insussistenti”, ha affermato <b>Ghedini</b>. ”E’ evidente che la strumentalità delle ricostruzioni offerte che saranno perseguite nelle sedi opportune – conclude Ghedini – sarebbe davvero grave se la Rai mandasse in onda un programma con notizie così insussistenti e diffamatorie e senza alcun contraddittorio”.

    Ma Report va in onda e<b> Milena Gabanelli</b> dice: ”Come fa a parlare l’avvocato Ghedini se non l’ha ancora vista la puntata di stasera?”. Ma prima di parlare delle proprietà di Antigua del premier Report ha svelato i retroscena del rinnovo del cda dell’Automobile club, ente pubblico senza scopo di lucro, associazione che gestisce servizi per lo Stato e che, a Milano gestisce l’Autodromo e il Gran Premio di Monza.

    Sulla possibiltà di una censura alla trasmissione si erano immediatamente levate le reazioni politiche. Vincenzo Vita , del Pd, e Giuseppe Giulietti, del gruppo misto e portavoce di Articolo21, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta: ”A che titolo l’avvocato Ghedini chiede la censura preventiva contro Report? Ci auguriamo che a nessuno venga in mente di tappare la bocca ad una giornalista seria autorevole e libera come Milena Gabanelli anche perché sarebbe singolare che le inchieste si possano fare solo sul presidente Fini”.

    ”Sono contrario da sempre ad ogni forma di censura preventiva, ancora di piu’ nel caso di trasmissioni – rare – frutto del giornalismo di inchiesta, come Report”, ha dichiarato Marco Beltrandi, esponente radicale e componente della Commissione di Vigilanza Rai. ”E’ ovvio che deve essere garantita sia la messa in onda che un adeguato diritto di replica, fatto salvo ovviamente – nei casi peggiori – il diritto alla tutela giurisprudenziale dell’immagine ove ve ne fosse ragione. Con la censura si uccide qualsiasi giornalismo di inchiesta”.

    <b>Dario Franceschini,</b> presidente dei deputati del Pd ha invece definito la nota di Ghedini “‘una intimidazione arrogante e vergognosa e insieme un altro attacco alla liberta’ di informazione”. E ha aggiunto: ”L’avv. Ghedini, come legale di Berlusconi ha diritto di difendere il suo cliente, ma a riprova della confusione inqualificabile di ruoli, inevitabilmente parla anche come parlamentare e autorevole esponente del Pdl e quindi le sue parole suonano come una pressione intollerabile e preventiva sulla Rai perche’ non mandi in onda la puntata di Report di questa sera. Sono certo, in Rai nessuno prendera’ in considerazione questo atto di arroganza”.



    <p align="center"><b>
    Invito a scomparire</b>
    </p>
    La nuova indagine su B. padre e figlio, stavolta a Roma, per una frode fiscale da 16 milioni ci ha regalato un’altra giornatina di balle spaziali. Quali siano i fatti contestati al premier dai pm Pierfilippo Laviani e Barbara Sargenti e già accertati da una perizia, non frega niente a nessuno: che il capo del governo, ancora una volta, possa essere un evasore fiscale, costretto ancora una volta a costituirsi parte civile contro se stesso, è un dettaglio ininfluente. Così come il fatto che l’accusa non venga dalle famigerate “toghe rosse” milanesi, che avevano aperto un fascicolo contro ignoti prima di passarlo nella Capitale, ma dalle moderate e apprezzate toghe romane, che hanno iscritto i nome di Silvio e Piersilvio nel registro degli indagati.

    Ma c’è di più: il procuratore aggiunto Laviani è lo stesso che si sta occupando dell’alloggio monegasco da 60 metri venduto da An e affittato dal cognato di Fini. Qualche lettore degli house organ potrebbe ricordarsi i titoli del Giornale e di Libero sulla casetta a Monacò: “La Procura indaga, Fini trema”, “Fini, si avvicina la verità”, “Si indaga su Fini, deve dimettersi”. E confrontarli con quelli sulle innocenti evasioni di B. Il Giornale: “Assedio a Berlusconi”, “L’ultima aggressione”, “Perseguitato ma vado avanti”, “I trucchi dei pm per tenere in ostaggio il Cav”. Libero, a fotocopia: “Caccia grossa a Silvio. Nuovo attacco dei giudici”, “E’ ripartita la caccia al Cav”, “Silvio deve rompere l’asse Fini-pm”, “Contro il premier l’assalto coordinato di 9 procure”, “La guerra tra giudici e Silvio”, “I giudici vogliono fermare la riforma”. Su dieci titoli non compaiono mai le parole “inchiesta”, “processo”, “reato”, “frode fiscale”, che sono il cuore della notizia, infatti diventano “guerra”, “assedio”, “attacco”, “caccia”, “aggressione”, “persecuzione”, “trucchi”. Parole mai usate per l’inchiesta su casa Tulliani, in cui peraltro non c’è alcun indagato: né Fini né il cognato. Fini si è rimesso al giudizio dei giudici senza gridare al complotto, quando Roma ha generosamente aperto un fascicolo su un non-reato dopo la denuncia del suo arcinemico Storace. B. invece strilla e i giornalisti da riporto dietro.

    Feltri rimprovera addirittura a B. di non aver fatto abbastanza leggi vergogna: “Avrebbe dovuto presentare subito il lodo costituzionale e garantire al premier (che sarebbe lui, ndr) il modo per condurre a termine la legislatura senza l’ossessione dei processi”. E Belpietro, a fotocopia: “Se non riesce a sottrarsi alla tenaglia che lo tiene intrappolato, rischia di finire male. Esca dal torpore… non resta molto tempo”. Insomma – suggeriscono i due secondi dall’angolo del ring al pugile suonato – sbrigati a fabbricarti lo scudo; intanto ce la mettiamo tutta per far indagare Fini anche senza reati. Belpietro, col piglio dello storico, ricorda “l’avviso di garanzia recapitato a Napoli dal pool Mani Pulite che segnò la fine del primo governo Berlusconi”. Ne avesse azzeccata una: non era un avviso, ma un invito a comparire; non fu recapitato a Napoli, ma a Roma; il governo cadde perché Bossi gli tolse la fiducia, decisione assunta dalla Lega due settimane prima dell’invito a comparire.

    Non manca il consueto slogan “giustizia a orologeria” (testi di Bonaiuti). Un tempo almeno lo dicevano quando una scadenza processuale impattava su una elettorale. Ora lo ripetono a prescindere, senza spiegare “a orologeria” rispetto a cosa. Sorgi, sulla Stampa, parla di evasioni “di assai modesta entità” (16 milioni in due anni, quisquilie), esprime stupore per “la convocazione a sorpresa di Berlusconi” (dovevano almeno avvertirlo con una telefonata e chiedere se avesse qualcosa in contrario) e sostiene che le toghe romane si sono mosse perché hanno “percepito i sintomi della dissoluzione del centrodestra”. Belpietro, in stato confusionale, riesce a sostenere contemporaneamente che si vuole colpire B. perché “è venuta meno la minaccia di elezioni” e che “non c’è stata scadenza elettorale che non sia stata accompagnata da un’inchiesta giudiziaria”. Poveretto, devono avergli fregato l’orologio.
    [/QUOTE]
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    martinalapeste


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    Report su ville premier ad Antigua. Empty Re: Report su ville premier ad Antigua.

    Messaggio  martinalapeste Mar Ott 19, 2010 9:14 am

    Allora, quando il Giornale, Libero, il Tg1 e compagnia cantante fanno le cosiddette "inchieste" su un appartamento di 55 metri quadri a Montecarlo, urlando allo scandalo per la presenza nell'affare di una società off-shore, va tutto bene e, anzi, si inneggia alla libertà di stampa.

    Quando invece Report si interessa di un villone da venti milioni, acquistato in un paradiso fiscale dei Caraibi con l'intermediazione di una banca indagata per riciclaggio, è solo antiberlusconismo portato avanti con servizi diffammatori!

    Quanto sopra è il motivo per cui ritengo non valga nemmeno la pena perdere il mio tempo per rispondere a Tullio e Panigale!!!

      La data/ora di oggi è Mar Mag 07, 2024 9:26 pm